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...le associazioni rendono l'uomo più forte e mettono in risalto le doti migliori delle singole persone, e danno la gioia che raramente s'ha restando per proprio conto... (Italo Calvino)


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Leggende
dell'Alpago...
libro




Parchè 'l Alpago 'l é pién de val
(come che 'l é nasést al lac de S. Cròse)
Perché l'Alpago è pieno di valli
(come è nato il lago di S. Croce)

libro

Sempre a proposito della formazione del lago di Santa Croce, fino a qualche tempo fa, particolarmente nelle lunghe serate invernali, quando i bambini stavano raccolti vicini al tradizionale <larìn> o nel corso dei <filò> diurni nelle stalle, tra il rumore provocato dal roteare della ruota dell'arcolaio (corlét) e le chiacchiere (ciàcole) delle comari, si sentiva spesso raccontare quest'altra leggenda Ve la scrivo così, come la ricordo Viveva in un meraviglioso castello arroccato sulla cima del monte Dolada, un principe giovane e di bell'aspetto.
Da poco era convolato a giuste nozze con una principessa altrettanto giovane e bella.
Vi risparmio la descrizione dei particolari fisici dei nostri due protagonisti, capelli biondi come l'oro lei... occhi azzurri come l'azzurro di un mare profondo lui. .
Vi risparmio pure la descrizione dei particolari della cerimonia nuziale e del banchetto, cui parteciparono tutte le fate, locali e non.
E così pure l'elenco, lunghissimo, dei tanti e stupendi doni di nozze ricevuti dai due sposini... Un dono, però, non si può trascurare: un dono invero un po' strano la fata regina del Monte Messèr, una delle tante vette che attorniano la vallata dell'Alpago, regalò agli sposi, avvolte in un sacchetto di juta, alcune nocciole ed una.. noce.
Che razza di dono di nozze, direte voi! Ma lasciatemi finire Non erano dei frutti comuni, ma dotati di particolari poteri, e capaci di provocare buche, voragini ed avvallamenti nel punto preciso in cui fossero stati scagliati.
A questo punto, naturalmente, entra in scena il personaggio <cattivo> della nostra storia Era, costui, un brutto gigante che viveva rintanato in una delle tante grotte della foresta del Cansiglio Orribile d'aspetto, cattivo d'animo, ed in combutta con i numerosi folletti e geni malefici che popolavano il bosco; sempre pronti, sia l'uno che gli altri, a portare male dove c'era bene, dolore dove c'era serenità, tristezza dove c'era gioia.
Il gigante, venuto a conoscenza della felicità dei due sposini, invidioso oltre ogni dire, cominciò a prendere di mira il castello del monte Dolada, in attesa di un'occasione propizia per poter dar sfogo a tutto il suo livore.
E tale occasione non tardò a capitare.
Durante un'assenza del principe, recatosi a cacciare sulle pendici del monte Serva, il gigante riuscì a rapire la giovane sposa e la portò con sé nella sua spelonca.
Al suo rientro al castello al termine della battuta di caccia, il principe ebbe l'amara sorpresa.
Senza por tempo in mezzo, armatosi di tutto punto ad ogni buon riguardo, e preso con sé il famoso sacchetto dei frutti fatati (Dio vàrde an mal de pànza!) andò in Cansiglio alla ricerca della sua amata.
Manco a dirlo, (altrimenti che storia sarebbe!) dopo affannose ricerche, riuscì a rintracciarla; poi, notte-tempo, a liberarla.
I nostri due sposi stavano tornando al loro castello, quando s'accorsero che il gigante avvedutosi della loro fuga, li stava già inseguendo E correva .. e correva... ed i suoi passo rintronavano nell'intera vallata...
I due fuggiaschi sentivano alle loro spalle i suoi respiri affannosi.
Corsero, i due infelici, disperatamente Si credevano già perduti, quando il giovane principe si ricordò del suo sacchetto di frutti.
Afferrò la prima nocciola e la scagliò alle sue spalle, dinanzi al gigante che già li stava raggiungendo.
Dove la nocciola cadde, si formò per incanto un avvallamento nel quale l'inseguitore cadde.
Ma il perfido gigante si rialzò ben presto, superò l'ostacolo e riprese l'inseguimento più inferocito che mai.
Con la seconda nocciola.. e poi con la terza, e la quanta e così via di seguito, avvenne la medesima cosa Ormai nel sacchetto del principe non rimaneva che la sola noce, ultima loro speranza, ultima loro salvezza.
Ma che sarebbe accaduto?
Al colmo della disperazione, il principe afferrò la noce e la scagliò con tutta la sua forza dinanzi al gigante.
Nel punto preciso in cui il frutto cadde si formò, all'istante, un'immensa voragine nella quale precipitò il perfido inseguitore rimanendovi tramortito.
Questa voragine venne subito riempita dall'acqua di un provvidenziale torrente che, guarda caso, scorreva proprio nei pressi (era forse il Piave nel suo vecchio corso?).
il gigante annegò A questo punto vi chiederete: <Cosa avvenne dei due sposini?> Beh, la storia questo non lo dice o, forse, son io che non lo ricordo.
Tutto, però, lascia credere che siano vissuti per lunghi anni felici e contenti.
Così si è formato il lago di S. Croce.
Se poi qualcuno, per puro caso, vi domandasse come mai il territorio dell'Alpago appare tanto accidentato, così ricco di voragini e precipizi, intersecato da valli e vallette... almeno ora sarete in grado di dare una riposta abbastanza convincente: le magiche nocciole, no?

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Al Teveròn
Il Teverone

libro

A Chies d'Alpago c'è una località denominata <Cròda>.
Essa nel versante detto <Scalòn> è una zona assai ventosa e là le vecchiette d'un tempo erano solite stendere ad asciugare la biancheria, profumata di lisciva.
Quel continuo flusso d'aria è provocato dalla presenza del torrente Fèrmega e da risucchi e correnti d'aria determinati dai numerosi avvallamenti presenti nel luogo.
Ma per le nostre vecchiette d'un tempo non era così.
Per loro c'era una spiegazione più... fantastica, tra un misto di antico e recente, immaginazione e realtà.
Quei <soffi> d'aria che asciugavano il bucato erano i <soffi>, gli <sbuffi> arrabbiati di una folta tribù di streghe.
Sentite un po' cosa avvenne.
Abitava appunto in quelle località una numerosa tribù di streghe, orribili a vedersi e cattive oltre ogni dire.
Durante il giorno se ne stavano rintanate nella boscaglia, pronte a ghermire chiunque si avventurasse in quei luoghi, particolarmente invitanti, d'estate, per i ragazzini, che volentieri andavano a fare il bagno nelle acque fresche del torrente.
Durante la notte, poi, le streghe inviavano in <spedizioni punitive> i branchi di lupi famelici che avevano al loro servizio, contro le greggi e gli armenti dei poveri pastori del paese: paese che fino a quel tempo non aveva alcun nome.
Era un paese, e basta.
I pastori avevano cercato in ogni modo di proteggere il loro bestiame, unica fonte di sostentamento per le loro famiglie.
Avevano istituito dei turni di vigilanza notturna.
Avevano scavato in tutta la Cròda numerosi trabocchetti opportunamente ricoperti con frasche e fogliame.
Questi trabocchetti in dialetto locale erano chiamati <le lovère> (da <lòf> = lupo) e, proprio per tale loro presenza, <Lovèra> era il primitivo nome della Cròda.
Ma tutti gli sforzi risultarono vani.
Quei lupi sembravano ... stregati Un bel giorno, visti inutili tutti i loro tentativi e resisi conto dell'impossibilità di combattere contro quelle perfide streghe, gli abitanti decisero di chiedere aiuto ad un gigante locale, la cui fama di bontà aveva valicato i confini dell'Alpago.
Si chiamava Teverone.
Egli abitava in un'enorme grotta scavata nella roccia, alle pendici del monte Venàl il monte Teverone attuale, all'epoca della nostra storia, non c' era ancora.
Il buon gigante con un abile stratagemma riuscì a catturare le streghe Non si venne a sapere a quale trucco fosse ricorso; fatto è che queste malvage creature furono tutte catturate e consegnate agli abitanti di quel paese, legate con delle grosse funi in un unico fascio.
Compiuta la sua buona azione, Teverone se ne ritornò alla sua grotta.
Cosa fare di quel fascio di streghe urlanti e recalcitranti? Come liberarsene?
Furono trascinate nel loro antro e l'apertura venne addirittura murata, in modo che non potessero più uscire a recar danno ai pastori. Che vivessero pure sotto terra, in compagnia di gnomi, folletti malefici e loro simili compari! Siccome, guarda caso, quel giorno felice era proprio l'ultimo giorno di Carnevale, tutti gli abitanti del paese innalzarono sul colle che sovrasta l'abitato (e dove in epoche successive verrà costruito il cimitero) un'enorme catasta di canne secche di granoturco.
Al tramonto la incendiarono e nell'immenso rogo, tra la festa generale, furono gettate nel fuoco manciate di sale grosso e ramaglie di ginepro per provocare un allegro scoppiettio che portasse alle genti di tutti la valle alpagota la buona notizia.
L'usanza di <brusàr la vecia> a <Su in Còl> si è mantenuta tuttora e ricordo che quand'ero fanciullo alla costruzione della grande <mèda de màne de soregàl> collaborava tutto il paese, poi la sera, al suono della banda paesana, si cantava e si ballava.
Ma torniamo alla storia Quelle streghe, prima che l'ultimo sasso chiudesse del tutto l'ingresso della loro splelonca, riuscirono a mandare una maledizione contro il gigante che era stato causa della loro rovina.
Teverone fu tramutato in monte.
Il monte Teverone da allora è la, a fianco del Venàl, che domina maestoso l'intero Alpago.
Un attento osservatore, anche di poca fantasia, riuscirà facilmente a riconoscere il volto nel profilo arrotondato della vetta.
Le streghe, invece, sono ancora sepolte vive sotto terra, racchiuse nel loro antro: esse tentano invano di uscire e... soffiano e ... sbuffano, ed...
asciugano la biancheria. I Lupi, rimasti senza guida e senza padrone, un po' alla volta vennero sterminati e solo pochissimi esemplari riuscirono a trovar rifugio presso le pendici dei monti in Val Salatis, dove si potevano incontrare fino a qualche decina d'anni fa.
Sempre restando, infine, nel campo fantasioso di questo racconto, avvenne che in quel paese fino ad allora <senza nome> ritornò finalmente la pace, la serenità, la tranquillità... la <quìes> E da <quìes> a Chies, il passo potrebbe essere breve, no? In quel di Chies veramente si gode di tanta e tenta tranquillità ed il paese durante il periodo estivo è affollato di turisti e villeggianti, particolarmente bimbi e anziani, che vi trovano un'oasi di pace, come ormai in poche altre località alpagote si può trovare.
Teverone è là, montagna maestosa, pronto a ricordarci questa ...<bèla
storia de na òlta>, ricca di fantasia, ma anche di poesia.

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Libretto Tarioi
Puoi trovare una copia del libro presso l'ufficio Turistico della Pro Loco di Puos d'Alpago